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La mela nell'epica


La mela è il simbolo che accomuna miti di culture, periodi storici ed aree geografiche lontane assumendo però di volta in volta significati diversi. Secondo gli antichi Greci lanciare una mela equivaleva ad una dichiarazione d’ amore, come si riscontra nel mito di Aconzio e Cidippe. Essa può anche presentarsi come elemento di inganno e di divisione. Ad esempio nel mito di Atalanta la dea viene tratta in inganno da questo frutto che appare affascinante. Inoltre nel mito del pomo della discordia essa divide, poiché crea contrasto tra le tre dee che la desiderano. Talvolta viene considerata un oggetto ambito e desiderato, in quanto dona l’immortalità o ha proprietà curative. Questo significato emerge nel mito nordico della dea Idun, in quello celtico del Dio Lug, nella Grecia delle Esperidi e presso il popolo caucasico dei Narti. In altre leggende, come quella svizzera di Guglielmo Tell, la mela è oggetto di una prova di coraggio. Con il nostro lavoro speriamo di portarvi indietro nel tempo ed in giro per il mondo laddove la mela è stata sempre considerata molto più di un frutto: l’incarnazione di aspirazioni, vizi e virtù, umane e divine.




Il giardino delle Esperidi: il sogno dell’immortalità

(mito dell’Antica Grecia)

Le Esperidi, generate dalla Notte, erano bellissime ninfe del tramonto dalla voce armoniosa che vivevano in Estremo Occidente, al confine ultimo della notte e dell’oceano glorioso.
Esse avevano il compito di custodire un meraviglioso giardino al centro del quale si ergeva un grande albero carico di mele d’oro che donavano l’immortalità.
Il re Euristeo sentì parlare di questi frutti e comandò a Ercole di portarglieli.
Mentre era alla ricerca, Ercole fu informato da Nereo del luogo in cui si trovava il giardino e giunto lì trovò Atlante che sorreggeva la pesante volta del cielo.

L’eroe espresse il desiderio di avere delle mele d’oro; Atlante era il solo a cui fosse permesso raccoglierle, ma non poteva farlo in quanto doveva sorreggere il cielo.
Ercole si offrì di sostituirlo momentaneamente e Atlante accettò la proposta poiché voleva liberarsi del suo faticoso compito.
Ercole decise così a sua volta di ingannare Atlante: gli chiese di poterlo aiutare a sistemare meglio il cielo sulle sue spalle così da poter essere più comodo. Proprio in quel momento ne approfittò: prese le mele d’oro e scappò.
Altre versioni raccontano che Ercole non si servì dell’aiuto di Atlante poiché sconfisse di persona il drago Ladone che costudiva il giardino insieme alle Esperidi.




Atalanta: mela strumento di seduzione

(mito dell’Antica Grecia)

Poiché il padre desiderava un figlio maschio, abbandonò sua figlia Atalanta sul monte Pelio; questa venne allevata da un’orsa inviata da Artemide e in seguito da un gruppo di cacciatori.
Un giorno combatté contro i centauri Ileo e Reco, che cercarono di approfittarsi di lei, e li uccise con la freccia di un arco.


Atalanta accettò la richiesta del padre ma disse che solo chi l’avesse battuta in una gara di corsa l’avrebbe sposata, e gli altri concorrenti sarebbero stati uccisi.
Melanione, follemente innamorato di lei, chiese aiuto ad Afrodite, la quale gli consegnò tre mele d’oro da utilizzare durante la corsa. Egli, seguendo il consiglio della dea, le lasciò cadere una a una sul terreno: Atalanta, affascinata, si fermò a raccoglierle e perse la gara.


Afrodite, tempo dopo, trovò gli sposi ad amarsi in un tempio e li punì trasformandoli in leoni. La leggenda di Atalanta è sconosciuta nei poemi omerici: questa compare dapprima in Esiodo e tutti la conobbero grazie a rappresentazioni teatrali e raffigurazioni pittoriche.
Il nome di Atalanta ha avuto molte spiegazioni come "l’impareggiabile", "la pari a chicchessia" e "l’invincibile" ma il significato fondamentale è sempre lo stesso.




Aconzio e Cidippe : la mela strumento d’amore

(mito dell’Antica Grecia)

Il mito greco di Aconzio e Cidippe si collega a quello di Atalanta per il tema del matrimonio e perciò per il significato che assume la mela nelle due vicende.
Infatti il mito narra di un giovane di Ceo, Aconzio, il quale era molto bello e apparteneva ad una famiglia molto agiata.
Quest'ultimo, recatosi a Delo per dei festeggiamenti, vide Cidippe, una fanciulla molto affascinante e attraente, e se ne innamorò subito.
L'amore tuttavia non era ricambiato, quindi Aconzio escogitò un piano per sposarla.



Quando la giovane si recò al tempio dea Artemide, Aconzio la seguì e, mentre camminava, trovò una mela. Come atto di amore, ci incise la frase:”Giuro sul tempio di Artemide di sposarmi con Aconzio”.
In seguito il giovane fece rotolare la mela fino a Cidippe, la quale, colta alla sprovvista, lesse ad alta voce la frase, facendo involontariamente un giuramento in presenza della dea.



Il padre della fanciulla, all'oscuro di tutto, si dava da fare per trovare un marito alla figlia, perciò lui stesso organizzava molte celebrazioni di fidanzamento per la fanciulla.
Ogni volta però Cidippe veniva colta da un malore tanto grave da non potersi presentare. Questo malessere era dovuto all'intervento della dea, infatti la fanciulla, non appena congedato il fidanzato candidato, si sentiva subito meglio.
Infatti la dea voleva il matrimonio tra Aconzio e Cidippe, per via del giuramento ricevuto.
Dal momento che questo evento si ripetè numerose volte, il padre della sposa si recò a Delo per consultare l'oracolo, dove gli venne rivelata dalla stessa divinità, la causa dell'accaduto.
Così il padre, dopo aver conosciuto la famiglia di Aconzio, acconsentì alle nozze tra i due fanciulli.
Secondo la leggenda, da quel momento, i due vissero felici e contenti.




Il pomo della discordia: la rivalità e l'ambizione

(mito dell’Antica Grecia)

Quando la dea Afrodite giunse sull’Olimpo, la montagna sacra degli dei della Grecia, tutti i cittadini la ammiravano per la sua bellezza e magnificenza.
Hera e Atena, che erano molto invidiose, un giorno, durante il banchetto di Peleo e Teti, iniziarono a litigare con Afrodite perchè sosteneva di essere più belle di loro; allora comparve Eris, la dea della discordia, un’anziana senza denti che non era stata invitata all’evento.
Ella ad un tratto gettò sul tavolo un pomo d’oro sul quale c’era scritto “alla più bella”. Zeus, il padre degli dei, per evitare discussioni durante un momento di festa, decise di affidare la scelta a Paride, un giovane pastore che era considerato il mortale più bello. Mentre Paride stava pascolando le sue pecore sul monte Ida, gli si presentarono le tre dee; ciascuna gli promise un dono nella speranza di essere nominata “la più bella”. L’astuta Hera gli offrì il potere sul mondo e la ricchezza, Atena l’ invincibilità in guerra e la sapienza e Afrodite l’amore di Elena, la più incantevole fra le donne mortali. Al giovane l’ultima offerta piacque molto, perciò consegnò ad Afrodite il pomo d’oro. In questo modo la dea fu incoronata regina dell’amore e della bellezza.
Come molti altri episodi mitologici, i dettagli della vicenda variano in base alle fonti. L'Iliade (14. 34-39) allude al Giudizio come ad un evento secondario, mentre una più dettagliata versione venne raccolta nei Cypria, opera perduta del Ciclo Troiano, di cui sopravvivono solo alcuni frammenti (e un realistico riassunto). I più tardi scrittori Ovidio (Heroides 16.71ss., 149–152 and 5.36s.), Luciano (Dialoghi degli Dei 20) e Igino (Fabulae 92) ripresero la vicenda, aggiungendovi particolari tratti dal racconto popolare.




Gugliermo Tell: Il coraggio della disobbedienza

(Svizzera XIV secolo)

La famiglia Tell visse nel Canton Uri (Svizzera).
Guglielmo era abilissimo nella caccia con la balestra.
Nel 1307 l’amministratore dei beni della famiglia degli Asburgo, tale Gessler, fece erigere nelle terre dell’impero il “Cappello Imperiale”.
Nelle principali piazze svizzere apparve questo simbolo di potere, al quale tutti i passanti si dovevano inchinare: colui che non lo avesse fatto sarebbe andato incontro alla pena capitale.
Guglielmo Tell osò non inchinarsi, ma gli venne concessa una sfida per scampare alla pena di morte: poteva salvarsi solo se fosse stato in grado di colpire con una freccia una mela posta sulla testa del figlio. Tell accettò e riuscì nell’impresa ma gli venne scovata una ulteriore freccia nascosta nella giacca, destinata ad uccidere Gessler in caso di errore.
Perciò fu incarcerato e condotto alla prigione situata su un isolotto nel mezzo del lago di Zugo.
Durante la traversata scoppiò una tempesta e Tell, che era anche un eccellente timoniere, convinse le guardie a liberarlo per poterli portare in salvo. Egli salvò effettivamente la barca ma colse l’occasione e fuggì tra i boschi. Il terzo giorno, appostato sulla strada che portava a Zurigo, non perse l’occasione e uccise Gessler che passava di lì.




Il giardino dei Narti: mela, bene prezioso

(mito delle popolazioni del Caucaso)

Si narra che sul melo nel giardino dei Narti, dai fiori azzurri splendenti, crescesse una mela d’oro, una sola alla volta, magica, brillante e capace di guarire ferite e malattie.
Nonostante la guardia che i Narti facessero all’albero, di notte qualcuno riusciva sempre a rubare la mela, che poi durante il giorno ricresceva. Quando toccò a Uaerhaeg fare la guardia, egli mandò nel giardino i due figli Aeshaertaeg e Aeshar, che riuscirono a scoprire chi rubava la mela.
Al tramonto, tre colombe giungevano sui rami dell’albero e prendevano la mela.
I due fratelli Narti ne ferirono una e, seguendo le tracce di sangue, arrivarono al regno del genio delle acque, Donbettyr, sotto il mare. Lì Aeshaertaeg prese in sposa la figlia del genio Dzerasse, che si trasformava in colomba insieme alle sue sorelle per rubare la mela.




Avalon, isola delle mele

(miti bretoni)

Avalon é un' isola leggendaria che appare nelle storie legate a re Artù e ai suoi cavalieri. Essa appare per la prima volta nel libro di Goffredo de Monmouth con il significato di "Isola delle mele", forse a causa della sua fertilità.
Questa é anche la traduzione a cui si dà più credito, poiché la mela in bretone era indicata con il termine "aval". Un altro significato che assume é quello di isola dei beati, isola del tramonto, che non consiste per forza in un luogo fisico, ma anche in uno stato d'animo derivante da una ritrovata pace interiore.
Infatti quest'isola viene descritta come il luogo dove dimorano le anime dei morti.
Si racconta anche che nell'isola regni l'eterna primavera. Essa é ricoperta da grandi foreste lussureggianti ed è attraversata da lunghi fiumi. In questo paradiso non esiste il dolore, ma solo l'uguaglianza. É qui che si aggirano le anime dei morti. Particolarmente importante è il fatto che qui fu sepolto re Artù, il quale riposa nell'attesa di ritornare quando il mondo necessiterà ancora di lui.
Un'altra leggenda narra che ad Avalon sarebbe arrivato Giuseppe d'Arimatea, in fuga dalla Palestina, insieme ad alcuni compagni, portando con sé il Sacro Graal, il calice nel quale aveva raccolto il sangue di Gesù dopo la crocefissione, e lo avrebbe nascosto in un pozzo. Questa leggenda deriva dal fatto che in alcuni pozzi del luogo si raccoglie naturalmente acqua rossastra e ciò fu comparato al sangue di Gesù.
Il reale luogo geografico che l’isola rappresenta è ancora un mistero.
Per alcuni esso è Glanstonbury, vicino alla quale si trova realmente una collina chiamata Glanstonbury Tor la quale è sovrastata da un' enigmatica torre, circondata da acque stagnanti e spesso avvolta dalla nebbia tanto che appare come una vera e propria isola. Un tempo questo monte era circondato dall'acqua e vi si poteva accedere solo durante la bassa marea attraverso uno stretto passaggio. Qui, vicino ai resti di un'abbazia, furono ritrovate sempre in età medioevale bare contenenti ossa gigantesche appartenute ad un uomo alto almeno due metri; a fianco vennero ritrovate ossa piú piccole: furono attribuite ad Artù e Ginevra.
I resti allora sarebbero stati sepolti davanti all'altare dell'abbazia di Glanstonbury e sarebbero diventati meta di pellegrinaggio.
Avalon é forse il ricordo di Lyonesse, un insediamento realmente sprofondato al largo della Cornovaglia, e da molti ritenuto una delle città di Atlantide.
Per altri consiste nella Sicilia, secondo altre teorie Daval, sulla costa della Bretagna, per altri ancora Cumberland, che al tempo dei romani era un forte lungo il Vallo d'Adriano. Per coincidenza, il sito dell'ultima battaglia di Artù si chiama Cumlann.




Il dio Lug: mela simbolo di regalità e fonte di conoscenza

(miti celtici)

Il dio Lug , dio supremo del pantheon irlandese, porta in dono al re Cormac, un ramo dell'altro mondo (Isola di Avalon).
Esso e' adorno di tre mele e rappresenta la regalita' .




IDUN: LA MELA FONTE DI ETERNA GIOVINEZZA E DI FERTILITA'

(mito scandinavo)

Idun è la dea scandinava che nutre gli dei con le sue miracolose mele d' oro, le quali donano agli Asi (divinità) l' eterna giovinezza.
Vi sono due miti legati alla dea: il ratto di Idun e il mito della fertilità.

IL RATTO DI IDUN
Un fatidico giorno la dea Idun venne attirata dal dio Loki in un bosco, dove il dio le disse che vi erano delle mele con proprietà particolari.
Loki era stato forzato a far questo dal gigante Pjazi il quale, trasformatosi in aquila, rapì la dea con tutte le sue mele d' oro.
L' assenza di Idun causò l'invecchiamento degli dei e questi, furibondi, diedero la colpa di tutto ciò a Loki.
Quindi egli, sentitosi in colpa, sotto forma di falco volò a liberare la dea trasformata in noce, ma l' aquila, cioè il gigante, li inseguì.
Però giunti alla barriera di fuoco di Asgard il gigante si infiammò e successivamente morì. Così finalmente Idun tornò dagli dei con le sue mele magiche che continuarono a conferire ad essi l' eterna giovinezza.

IL MITO DELLA FERTILITÀ
Il re Perir, poiché sua moglie non riusciva ad avere figli, pregò gli dei che gli donassero un figlio.
La sua preghiera venne esaudita: gli venne inviata dagli dei una mela magica, di cui la moglie si nutrì. Fu così che ella rimase gravida per ben sei anni e dopo questa lunga attesa nacque suo figlio, Volsung.