La Storia

La storia di Dalmine affonda le proprie radici in quella dei suoi quartieri. La testimonianza delle origini romane è data dal ritrovamento in Sforzatica di reperti che inducono ad ipotizzare che in questi luoghi esistesse un “vicus romanus”, un borgo di una certa importanza.

In epoca medievale ritroviamo memoria di queste terre in numerosi documenti. I due villaggi di Sforzatica e di Oleno sono menzionati in alcuni documenti dell’879 e del 909

La chiesa parrocchiale di Santa Maria d’Oleno è molto antica. In un documento dell’anno 909 si parla già della sua esistenza probabilmente sui resti di un tempio romano. La sua struttura attuale  è fatta risalire al Medioevo, in virtù di quelle peculiarità architettoniche molto simili alle antiche basiliche romane.

E’ orientata nella classica direzione est-ovest, con l’ingresso posto ad occidente. L’altare è collocato a oriente, simbolo dell’origine della luce, della felicità, della vita eterna raggiungibile solo attraverso un cammino di purificazione.

L’attuale edificio è costituito da un’unica navata lunga 17 metri e larga 8 ed è ripartito in tre campate scandito da alti pilastri poco sporgenti dalle pareti aventi la funzione di rafforzare la muratura e costituiscono la primaria struttura portante dell’edificio e da lesene ad esse sovrapposte, rese rilevanti dalle scanalature e dalla doratura.

La copertura dell’intera aula è costituita da una successione di tre volte a crociera, costolonate e rialzate, con arco a tutto sesto, di circa quattro metri di raggio, impostato sulla cornice.

Ritrovamenti archeologici

 I ritrovamenti archeologici rinvenuti nella chiesa di S. Maria d’Oleno in Sforzatica risalenti al III secolo riguardano una serie di materiali lapidei di età romana. Una base decorata a festoni e bucrani è tuttora inglobata nella muratura della chiesa. Un’ara cilindrica  è stata rinvenuta scavando le fondamenta della canonica. Un fusto di colonna scanalato si trovava nei prati intorno alla chiesa ed attualmente è conservato presso il Museo Archeologico di Bergamo.

La base cilindrica che ha il fusto completamente decorato da tralci di vite da cui pendono grappoli d’uva è interrotto nel motivo ornamentale dall’inserzione di un’edicola con elementi architettonici, costituito da una base su cui poggiano due colonne tortili con un piccolo capitello corinzio che sorreggono un frontone al centro entro cui vi è uno scudo rotondo posto sopra due lance incrociate. Una piccola lastra funeraria  risalente al I-II secolo conservata nel Museo Archeologico di Bergamo è possibile che provenga dall’area intorno alla chiesa, dove anche si può asserire che vi fosse una zona sepolcrale in prossimità di un piccolo edificio di culto, di cui facevano parte, probabilmente, anche il fusto di colonna e la base decorata a festoni.

Il campanile

 La torre campanaria che si erge a destra della chiesa, realizzata tra il 1621 e il 1629, presenta un basamento che è incorporato per buona parte nel tempio stesso. Si conclude con una cornice retta da mensole al di sopra della quale si innesta l’alto basamento coronato dalla bellissima statua della Vergine Immacolata, circondata da quattro vasi decorativi agli angoli.

Nell’archivio parrocchiale sono conservati alcuni interessanti documenti riguardanti la costruzione del campanile e la fusione del concerto di cinque campane, testimonianza del coraggio di una piccola parrocchia di campagna che, in tempi economicamente assai difficili, seppe iniziare e portare a termine un’opera considerevole, grazie alla collaborazione materiale e manuale di tutti i parrocchiani.

Il parroco Giovan Battista de Lochis, nella stesura finale della relazione sulla costruzione del campanile, non dimentica “le pietre da diverse persone donate” e “tutti gli carreggi et condutti fatti gratis” e soprattutto le “infinite opere fatte per carità”, chiara testimonianza di una sentita solidarietà comunicativa.

Dopo aver reso “gloria alla Santissima Trinità”, lo stesso parroco ricorda che “nell’anno del Signore 1621 cerca il principio di maggio fu principiata l’opera del campanile et verso il principio dell’anno 1629 fu quasi del tutto completo”.

Per la costruzione si sono utilizzati “anco li quadrell idel già distrutto campanile che posso essere cerca 8000, oltre grande quantità di pietre di Brembo”.

Per finanziare la spesa delle campane, posate il 23 marzo del 1630, vennero utilizzate varie forme di contributo tipiche per le zone di campagna di quel tempo. Furono venduti anche “doi pendenti d’oro e perle avute in dono” e la campana piccola del precedente campanile, ceduta l’anno successivo, il 26 aprile del 1631, “al Maestro Ambrogio Segespino per denari 30”. Al termine della costruzione del campanile, si ottennero dalla Chiesa di Sabbio 13,8 denari “per resto delle pietre datte”.

Nel 1860, precisamente il 30 agosto, il Vescovo Pier Luigi Speranza benedì il nuovo concerto realizzato nel 1854 dalla ditta Monzini. Nel maggio 1941 il podestà di Dalmine stese un elenco delle campane presenti nel territorio che sarebbero state fuse per farne dei cannoni. Il 20 dicembre del 1953 il nuovo concerto di campane, in Fa maggiore, fuso dalla ditta Giorgio Pruneti di Grosso in Valtellina, venne consacrato da Mons. Giuseppe Maggi, vescovo missionario da poco espulso dalla Cina.

L’esterno 

 La chiesa, preceduta da un arioso sagrato acciottolato, presenta un’elegante facciata a due ordini, di cui quello inferiore è costituito da un portico a cinque arcate, costruito nel 1625, che prosegue verso il lato sud con altre quattro arcate che si congiungono al campanile.

Le cinque finestre aperte in corrispondenza di ogni arcata, ricordano l’intervento di riqualificazione avvenuto tra il 1707 e il 1714 per creare l’alloggio del sagrista.

Il raccordo tra l’ordine inferiore e quello superiore è costituito da una cornice con mensolette e da un tetto a tre falde.

L’ordine superiore, leggermente arretrato, culmina in un timpano dalle semplici fattezze rinascimentali, al centro del quale si può leggere l’iscrizione della dedicazione. E’ caratterizzato da quattro lesene che ne scandiscono la superficie, costituita da una luminosa apertura centrale e da due nicchie laterali in cui sono collocate le statue di Ester, a sinistra, e Giuditta con la testa di Oloferne, a destra, modellate dall’artista Ferruccio Guidotti e realizzate dalla ditta Carrara nel 1963.

Anche la statua dell’Angelo con le ali spiegate che sorregge la grande croce in ferro battuto collocata sulla parte terminale del sopraccitato timpano è realizzazione del Guidotti. I lati sono decorati da due volute sormontate da altrettanti vasi decorativi.

Sotto al portico sono collocate due lapidi in cui si ricordano, a sinistra, la dedicazione, la storia e la consacrazione del tempio; a destra, il servizio reso da Don Angelo Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII.

Verso destra, all’angolo basso dell’ingresso laterale, si può ammirare la testimonianza dell’antica ara pagana su cui sorge la parrocchiale: uno dei bucrani con festoni.

La risistemazione da parte dell’architetto Michele d’Albegno, nel 1716, della parte absidale, fu definitivamente compiuta trent’anni più tardi, nel 1746, dall’illustre nativo Antonio Maria Pirovano.

Durante la notte del 17 settembre 1962, un disastroso crollo, dovuto ad una tromba d’aria, portò via l’intera facciata della chiesa, che fu ricostruita, poco tempo dopo, dall’impresa bergamasca di Ottavio Cavalleri che sostituì le distrutte colonne in pietra di Sarnico con delle nuove in trachite vicentina.

I gravissimi danni, stimati a più di dieci milioni, cifra ingente per i tempi, portarono l’allora parroco, Don Alessandro Maestroni, a rivolgersi, in un’accorata richiesta di aiuto a Papa Giovanni XXIII, visto che ben conosceva quella chiesa, in cui trascorse come parroco quei pochi mesi estivi del 1907.

Il 3 maggio 1963 il Vescovo di Bergamo, Monsignor Giuseppe Piazzi ricevette da Sua Santità una lettera di risposta in cui si diceva: “Sua Santità a ricordo del breve periodo di ministero pastorale esercitato colà si è degnato di mettere a disposizione la somma di 2 milioni”.

Le imposte bronzee delle tre porte, due in facciata e una sul lato destro, che introducono alla chiesa, concepite e modellate dal maestro Osvaldo Facchinetti di Dal mine, sono state realizzate tra il 1989-1990 dalla fonderia Baldis di Seriate. In particolare, la porta laterale racconta nelle sue due partiture la storia del giovane don Angelo Roncalli, raffigurato, a sinistra, in un paterno atteggiamento con un giovane sullo sfondo della chiesa di Santa Maria. A destra, divenuto Papa col nome di Giovanni XXIII, è ritratto nell’atto di pregare la Vergine. Il Facchinetti ha costruito un suggestivo asse tra la storia di Angelo Roncalli iniziata come parroco nella chiesa di Sforzatici, dedicata appunto a Maria, e la salita al soglio pontificio, sotto il segno della protezione della Vergine.

L’interno

 Oltrepassato il portale maggiore e la bussola in legno di noce, si apre l’interno a navata unica che immediatamente colpisce per la ricchezza degli stucchi e delle sfavillanti dorature, la cui esecuzione risale al 1717 ad opera di Antonio Camuzio. Il crollo del 1962 fortunatamente lì risparmiò.

La navata è suddivisa in tre campate da lesene e controlesene scanalate, sormontate da ricchi capitelli che sorreggono, a loro volta, un’alta trabeazione costituita da due fasce: una inferiore riccamente ornata di stucchi profilati in oro e una superiore formata da dentelli su cui si importa la volta a botte leggermente ribassata, dove si aprono sei finestre rettangolari.

L’alto arco trionfale immette nel presbiterio a pianta rettangolare, sormontato da una contenuta cupola ottagonale e chiuso dall’abside luminosa.

 

 

 

 

 

   

 

 

  1. Gioacchino, poichè non ha eredi, viene cacciato dal tempio, perchè indegno di offrire il sacrificio.

  2. Gioacchino, lasciata Anna e casa, si ritira col gregge sul monte. Qui ha una visione di angeli che gli annunciano la nascita di una figlia.

  3. Gioacchino, nel ritorno verso casa, s'incontra con la moglie Anna: l'abbraccio amoroso diventa fecondo di vita.

  4. Anna si prepara per dare alla luce sua figlia, Maria.

  5. Maria, ancora giovinetta, sale al Tempio accolta dal sacerdote. Vi rimarrà per lo studio delle Scritture.

  6. Sposalizio di Maria con Giuseppe, discendente della casa di Davide.

  7. Annunciazione dell'Angelo a Maria.

  8. Scena andata perduta: forse Maria ed Elisabetta.

  9. Scena andata perduta: forse la nascita di Gesù.

 

 

In controfacciata, si possono ammirare sei delle quattordici stazioni della Via Crucis che, quasi certamente, sostituiscono le originali composizioni su tela che il pittore ticinese Gaetano Peverada eseguì nel 1762. Gli altri otto olii su tela che narrano la Passione e Morte di Gesù Cristo, sono collocati sulle pareti laterali della chiesa.

A sinistra, si apre l’ingresso all’antica cappella del fonte battesimale oggi utilizzato come vano per la confessione.

Il ciclo che narra le storie della Vita di Maria si sviluppa come una sorta di biblia pauperum commentata, una vera e propria narrazione illustrata delle vicende che hanno caratterizzato, oltre che la vita di Maria anche quella dei suoi genitori: San Gioacchino e Sant'Anna.

 

   

 

 

 

 

   

La cappella del crocifisso

 Nella Cappella del Crocefisso  una mensa d’altare in legno sul fondo, custodisce dietro una vetrina la statua di primo novecento in legno finemente intagliato del Cristo morto, coperta per buona parte del corpo da un lenzuolo.

Sopra al sarcofago la semplice statua di Maria Bambina, che riconferma la dedicazione all’intera chiesa.

Ai lati, le due statue della Vergine Immacolata e del Sacro Cuore di Gesù.

Sul lato opposto della medesima entro una nicchia è conservata la statua di San Giuseppe, realizzazione di metà novecento.

A destra della nicchia si apre una porta che porta al sottostante piccolo ambiente seminterrato posto esattamente sotto l’altare maggiore come una sorte di cripta, in cui è conservato un pozzo.

La cripta  

 Nella zona sottostante il presbiterio vi è la cripta ad uso della conservazione delle reliquie dei Santi o per la sepoltura degli ecclesiastici. La presenza di una fonte, sull’asse verticale, con il soprastante altare maggiore attraverso una sorta di sfiatatoio, è indubbiamente atipica, anche se non caso unico nella storia dell’architettura se si pensa al Santuario mariano di Santa Maria alla Fontana a Milano.

Il Presbiterio

 Al centro è collocato il seicentesco altare comunitario, raffinato intarsio di marmi policromi vivacizzati nel disegno dal sinuoso movimento dei girali floreali e abbellito al centro del paliotto della quadrilobata medaglia con la scena della Natività di Maria.

Nelle ridottissime dimensioni di una formella marmorea emergono dalla chiara superficie, palpitanti, le sette figure di balie attorno a Maria infante al centro mentre viene lavata, e sua madre Sant’Anna seduta a letto a sinistra della rappresentazione.

La classica rinascimentale porta centrale nella formella, in cui compaiono tre figure, spezza in due i piani figurativi, relegando in alto la nuvolosa volta celeste da cui discendono in un canto di gloria agilissimi angioletti e sottolineando, in basso, il benvenuto alla vita della madre di Cristo.

Al di sopra della formella, un rilievo in forma di Testine di Angelo.

Dietro l’altare comunicativo si eleva, maestoso, l’altare maggiore, realizzazione del XVII secolo in legno intagliato e decorato. L’antica mensa che oggi costituisce il nuovo altare comunitario, attualmente è sostituita da una vetrina che espone una serie di reliquiari del Sei e Settecento.

L’altare è costituito oltre che dal tabernacolo centrale chiuso da un coevo sportello ligneo, anche da tre gradini per candelieri, riccamente decorati.

Ancora più su si eleva la tribuna espositoria seicentesca intagliata in forma di tempio e sorretta alla basse da teste di angelo che danno l’impressione che fluttui nell’aria.

Ai lati del presbiterio, si oppongono le due alte cantorie di metà Ottocento in legno intagliato, laccato e dorato. A sinistra è collocato l’organo.

Più sotto c’è il tabernacolo a muro seicentesco, costituito da una spessa cornice in marmo nero orobico.

L’abside

 Nell’abside è collocato il coro in legno di noce intagliato.

Dopo la riduzione operata nel 1746 è costituito da diciassette stalli divisi da lesene e coronati da intagli a forma di conchiglia e da cimase in forma di vasi decorativi arricchiti da elementi floreali.

Il più complesso stallo centrale è completo di sedile ribaltabile e di braccioli finemente intagliati.

Sopra al coro, nelle tre cornici a stucco sono collocati le tele con l’Immacolata, la Pietà e la Vergine Assunta.

La sacrestia

 Posta sulla destra del presbiterio è stata edificata tra il 1633 e il 1639. Sulle sue pareti corre una cupa armadiatura in legno di noce, che incorpora il bancone paratoio. Su soffitto si può ammirare un’elegante sinopia monocromatica con la Natività della Vergine dipinta da Vincenzo Angelo Orelli.